Prendo spunto da un recente articolo di uno dei pochi quotidiani che ancora offrono spazio a questi temi.
“Sono le quattro del mattino il mio corpo sta tremando. Sono così stanca che morirò. Mi fanno lavorare anche di sabato e di domenica. Seriamente voglio farla finita”.
Sono gli ultimi messaggi scritti da una ragazza giapponese, prima di suicidarsi gettandosi dalla finestra. E ancora, l’ultimo indirizzato alla madre “ Perché fare le cose dev’essere così difficile ?”.
Lavorava per la più importante agenzia pubblicitaria giapponese, oltre 100 ore di straordinario al mese, spesso terminava alle cinque del mattino dopo aver lavorato ininterrottamente per una giornata e una notte intera.
Il Tribunale giapponese ha sentenziato: “un chiaro caso di “karoshi”, morte per troppo lavoro”.
Il manager dell’azienda si è dimesso e si è scusato pubblicamente “ Si tratta di qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere. Siamo profondamente dispiaciuti per aver fallito nel prevenire l’eccesso di lavoro. Le mie più sentite scuse”.
Nel 2008, sempre un Tribunale giapponese, ha emesso una sentenza storica, una grossa azienda venne costretta a risarcire i familiari di un suo dipendente caduto in coma per troppo lavoro.
In Italia siamo ancora lontani da questa cultura giuridica.
Il Giappone è stato il primo paese a studiare il fenomeno dello straordinario smisurato, visto che oltre il 23 per cento delle aziende impiega dipendenti che osservano più di 80 ore di straordinario ogni mese, mentre il 12 per cento della aziende vanno oltre le 100 ore. Dal 1987, questo fenomeno è stato espressamente riconosciuto come diversa categoria di morte da lavoro.
Il governo giapponese, con l’appoggio del presidente, ha di recente pubblicato un libro bianco di monitoraggio e di controllo del fenomeno, tenendo ferma la rigorosa normativa a tutela del lavoratore che può essere licenziato solo in rarissimi casi, in un regime giuridico che prevede la reintegrazione piena e immediata in ipotesi di licenziamento illegittimo.
Il lavoratore, per il governo e per il presidente giapponese, rappresenta la principale risorsa da tutelare, da far crescere e valorizzare professionalmente durante l’intero percorso lavorativo che deve condurlo alla pensione certa e renderlo parte integrante dei processi aziendali. Principi che in Italia sono stati teorizzati da Antonio Gramsci quasi cento anni fa.
Le condotte di mobbing e le vessazioni vengono sanzionate in Giappone con regole severe, secondo logiche antitetiche rispetto a quanto sta invece accadendo in Italia, dove, quale rimedio per far ripartire l’occupazione e gli investimenti, si procede al totale smantellamento di tutele di diritti.
Sempre il Giappone – dove pure si registra una crescente e sempre più arrembante politica di sfruttamento da parte delle multinazionali – ha invece utilizzato altre leve, quali investimenti, formazione reale e continua, valorizzazione delle risorse umane, sviluppo tecnologico, incentivi per le aziende virtuose, lasciando comunque intatto il sistema delle tutele del diritto del lavoro che i nostri governanti non esitano invece a definire “ingessato, anacronistico e antistorico ” pur di creare un alibi rispetto a quanto è ormai sotto gli occhi di tutti.
Foto…. a buon intenditor !