Pubblico la lettera inviatami dal dipendente di una multinazionale della provincia di Cagliari. Cinquant’anni, hinterland di Cagliari, circa venticinque trascorsi alle dipendenze di una grossa azienda, non italiana. Lo spettro dei licenziamenti ricorre ciclicamente, in tanti anni ho visto dichiarare esuberi di personale e dare avvio a procedure di mobilità incomprensibili e non necessarie, spesso col tacito ma anche esplicito consenso dei sindacati. Considerati come esuberi, ho visto colleghi andare via dietro pagamento di un incentivo irrisorio. Allo stesso tempo, paradossalmente, ho assistito e tuttora assisto ad un fenomeno particolare, visto che questi esuberi sono stati immediatamente rimpiazzati da lavoratori somministrati o interinali utilizzati in modo incontrollato e a costi ridotti. Alcuni di loro sono stati inseriti a titolo di favore per volontà di questo o quel rappresentante sindacale. Tutti sappiamo quali sono, in termini di costi e di incidenza sulla pubblica finanza, le conseguenze di queste piratesche operazioni aziendali per l’Inps e per il bilancio dello Stato del quale rappresentano la più consistente voce di spesa. Vedere una multinazionale, tutto sommato in salute, ricorrere sistematicamente e senza scrupoli alla mangiatoia della pubblica assistenza, rappresenta un esempio diseducativo e disincentivante per un lavoratore impegnato a dare sempre il massimo per il bene della propria azienda. Oggi i pochi lavoratori che sono riusciti a resistere a questo scempio durante il loro turno di lavoro si sentono dire dai superiori questa frase: “In corsia non puoi entrare ci sono quelli della cooperativa”. Assurdo tutto questo. Mentre, con enormi bugie, si continua a parlare di lavoro stabile, lo stato di crisi viene indotto attraverso strategie aziendali finalizzate ad eliminare il personale più anziano e costoso che ha dedicato una vita alla causa. Questa è la REALTÀ che fa emergere i veri problemi del mondo del lavoro, problemi che non hanno diritto di cittadinanza nei progetti della politica fatta solo di dibattiti teorici sul tema dell’occupazione, ma incapace di affondare l’attenzione e la propria azione sul campo, laddove un tempo si costituivano i comitati e le rappresentanze dei lavoratori. Certamente è scomodo richiamare una figura di spicco e per certi versi unica come Gramsci, ma colpisce leggere che il presidente della Fiat dell’epoca restava letteralmente sbalordito nel sentirlo discutere dei problemi reali dei lavoratori con tanta minuzia e ricchezza di particolari, propri di un vero conoscitore della realtà della fabbrica dove, periodicamente, personalmente si recava per informarsi, per sapere, per cogliere tutte le istanze dei lavoratori e per imparare da loro col fine di proporre le migliori soluzioni. Da tempo, tutto questo è venuto meno. Proprio nel momento più difficile, di maggiore bisogno, caratterizzato da riforme senza tutele e da cambiamenti epocali per il mondo del lavoro prevale il NULLA. Riaprire dibattiti seri è più che mai necessario.
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Un barlume di realismo.
Info Autore
Gianni Benevole
Gianni Benevole, abilitato al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione. Ho iniziato la mia formazione come avvocato civilista, da oltre quindici anni opero prevalentemente anche nel settore del diritto del lavoro.