L’eccesiva frammentazione, le lotte di sistema e di potere, anche locali, hanno spesso distolto e continuano a distogliere l’attenzione dei sindacati dai reali problemi del mondo del lavoro. Indicativo banco di prova sono state le recenti riforme, succedutesi dal 2010 sino ad oggi, e avallate proprio dai sindacati, salvo qualche timido e inconcludente tentativo di facciata. In una lunga stagione di pessimo rinnovamento che ha visto assottigliarsi diritti e tutele dei lavoratori – con i sindacati statici a fare letteralmente da spettatori – sarebbe interessante aprire un dibattito sulla reale, attuale, utilità di un sistema – quello sindacale – ormai vecchio, superato e poco competitivo, per discutere della necessità di giungere ad una sintesi dei ruoli e delle funzioni che dia spazio alla trasparenza, che privilegi la competenza, la preparazione e la meritocrazia in un ambito dove, pur nel rispetto del pluralismo, le divisioni ideologiche non hanno alcun senso e alcuna ragion d’essere ma rappresentano un semplice pretesto utile a perseguire individuali logiche di scambio, di controllo e di forza a discapito dell’unico vero fulcro che, senza divisioni, dovrebbe animare ogni proposito, il LAVORO e il LAVORATORE. Ecco perchè tra le tante riforme che hanno investito il mondo del lavoro, almeno una dovrebbe interessare anche il mondo sindacale e condurre – magari attraverso un referendum che dia centralità e voce al lavoratore – all’istituzione di un sindacato unitario o unico in grado di ristabilire la giusta scala di valori, di ruoli e di obiettivi.